Cittadinanza agli oriundi: il commento di Oscar De Bona, presidente UNAIE e Associazione Bellunesi nel Mondo alle riflessioni del Presidente della Regione Veneto Luca Zaia

Oscar De Bona

L’Italia, con la sua lunga storia di emigrazione, si trova oggi di fronte a un fenomeno di ritorno, almeno in senso burocratico, con decine di migliaia di discendenti di emigrati italiani che richiedono la cittadinanza. Questo ha portato a un dibattito acceso sulla questione dello ius sanguinis, il diritto di cittadinanza basato sulla discendenza. A prendere posizione con fermezza è stato il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, che in un’intervista rilasciata al Corriere del Veneto ha messo in luce le problematiche legate a un meccanismo che, se non regolamentato, rischia di appesantire il sistema amministrativo e distorcere il senso di appartenenza all’Italia.

Zaia, sempre in questa intervista, ha sottolineato come molti dei richiedenti, discendenti da emigrati veneti partiti alla fine dell’Ottocento o nel secondo dopoguerra, spesso non abbiano alcun legame con l’Italia se non quello genealogico, non parlando la lingua né conoscendo le leggi o la cultura del Paese. «Non possiamo accettare che il nostro sistema amministrativo venga paralizzato da richieste di persone che non hanno alcun interesse reale per l’Italia, se non quello di ottenere un passaporto», ha dichiarato Zaia, auspicando l’introduzione di “requisiti minimi”, come la conoscenza della lingua italiana e della storia del Paese, per garantire che la cittadinanza venga concessa solo a chi dimostri un vero legame con la nazione.

In questo contesto si inserisce il commento di Oscar De Bona, presidente dell’UNAIE (Unione Nazionale Associazioni Immigrati e Emigrati) e dell’Associazione Bellunesi nel Mondo, che ha espresso il suo sostegno alle parole del governatore Zaia. «Apprezzo profondamente la riflessione del presidente della Regione Veneto in merito alle modifiche della legge sullo ius sanguinis» ha dichiarato De Bona «modifiche che io stesso avevo proposto due anni fa al sottosegretario con delega agli Italiani nel mondo Della Vedova e nel 2023 al sottosegretario, sempre con la stessa delega, Silli, oltre ad averne condiviso la necessità con l’ANCI Nazionale e Veneto. Mi auguro che, anche grazie all’intervento di Zaia, si possa concretizzare quanto proposto».

De Bona ha sottolineato come sia fondamentale sostenere le rivendicazioni degli oriundi di origine italiana, ma al contempo è necessario distinguere tra coloro che hanno un vero interesse a mantenere un legame con la terra dei loro avi e chi vede la cittadinanza solo come un’opportunità per ottenere diritti senza sentirsi parte della comunità italiana. «Dobbiamo evitare che la cittadinanza italiana venga vista come un documento da ottenere per avere vantaggi, siano essi legati alla possibilità di viaggiare o all’accesso ai servizi sociali e sanitari», ha affermato.

Secondo De Bona, l’introduzione di criteri come la conoscenza della lingua italiana e una vera comprensione della storia e della cultura del Paese sono passi necessari per preservare il valore della cittadinanza italiana. «La nostra cittadinanza non può essere un diritto automatico, va meritata e sentita. I requisiti come la conoscenza della lingua e della storia sono già richiesta da Paesi come la Germania e l’Austria, non vedo perché non possa seguire questi esempi», ha aggiunto.

Il dibattito, che si inserisce anche in un più ampio discorso sulla riforma della cittadinanza in Italia, vede contrapporsi da una parte la tutela dei diritti degli emigrati e dei loro discendenti, dall’altra l’esigenza di garantire che chi ottiene il passaporto italiano abbia una reale connessione con il Paese e i suoi valori. La riflessione di Luca Zaia e il sostegno di Oscar De Bona potrebbero essere un primo passo verso una riforma che renda il processo di acquisizione della cittadinanza più equo e al tempo stesso più rigoroso.