Un Rapporto fatto non solo di dati statistici, ma una “agorà” che aiuta le migrazioni

Il Rapporto degli Italiani nel Mondo (RIM), promosso e curato dalla Fondazione Migrantes, organismo della Conferenza Episcopale Italiana, non è solo una raccolta di dati e di variazioni statistiche annuali, ma un osservatorio privilegiato per comprendere a pieno la mobilità degli italiani all’estero, i rimpatri e le migrazioni interne. Da diciannove anni la Migrantes registra le novità principali riguardanti l’emigrazione e ne anticipa le tendenze future, dedicando un tema per ciascuna edizione e questa volta l’argomento sviluppato nelle oltre cinquecento pagine del corposo volume è quello della cittadinanza, o meglio ancora delle cittadinanze, così come vengono vissute in Italia e all’estero. Il plurale è dettato dal fatto che molte persone nate in Italia o all’estero hanno più cittadinanze, nel mentre viene auspicata anche una cittadinanza europea. Una “agorà”, quella del RIM, arricchita da centinaia di studiosi che si occupano di demografia, statistica, sociologia, di implicazioni giuridiche legate ai nuovi e vecchi espatri, di cittadinanza e naturalizzazione, degli aspetti linguistici e culturali, di quelli pensionistici e dei rapporti con le varie istituzioni, a partire dalle ambasciate e dai consolati. Di tutto ciò si argomenta con un’ottica legata alla visione della Chiesa italiana sulle questioni migratorie, in un Paese sempre più terra di migrazioni, dalla quale sono partiti per l’estero molti connazionali anche negli ultimi quindici anni, durante i quali sono arrivati da noi 5 milioni di immigrati, provenienti soprattutto dal Terzo Mondo.  Parte di essi, sia connazionali all’estero così come molti immigrati in Italia, non possiedono la cittadinanza del Paese in cui vivono, laddove sono nati, studiano o lavorano. Educare quindi i migranti e gli autoctoni alla cittadinanza, indirizzandola verso il bene comune, superando la enfatizzata difesa dell’identità, riaffermando invece l’universalità di taluni diritti, senza i quali i migranti si sentono esclusi ed estranei. Questo concetto è stato fortemente ribadito dal presidente della Migrantes, l’arcivescovo mons. Giancarlo Perego, il quale ha anche precisato che la mobilità umana va governata con lungimiranza e non negata e fermata, perché se abbandonata a sé stessa diventa fonte di precarietà, povertà, violenza e solitudine. Sia che si tratti di italiani all’estero che di immigrati in Italia. Quanto alla cittadinanza europea, mons. Perego ha affermato che, “senza sostituire le cittadinanze nazionali, aggiunge diritti supplementari, andando però nel tempo verso un processo di europeizzazione della cittadinanza stessa”.

L’attuale andamento statistico dell’emigrazione italiana

Il RIM nelle sue analisi statistiche si basa principalmente su dati AIRE Anagrafe Italiani Residenti all’Estero). In primo luogo va rilevato come in circa vent’anni gli emigranti italiani sono passati da tre milioni agli oltre sei milioni del 2024. Questa crescita è dovuta soprattutto alle nascite all’estero, all’acquisizione della cittadinanza ius sanguinis per gli italodiscendenti e le nuove cittadinanze degli immigrati, diventati anche essi nuovamente emigranti. Attorno all’acquisizione della cittadinanza da parte di quest’ultimi si è recentemente aperto un acceso dibattito nella nostra politica nazionale attorno all’introduzione dello ius scholae o dello ius culturae, allo scopo di abbreviare i tempi necessari ad ottenere tale riconoscimento. L’aumento degli iscritti all’AIRE è dovuto anche al nuovo regime sanzionatorio previsto dalla legge 213 del 2013, che rende obbligatoria la cancellazione dalla anagrafe dei residenti in Italia, pena la doppia tassazione dei redditi anche che in Italia, oltre che all’estero. Tuttavia, preme sottolineare come la nostra emigrazione dal 2006 al 2024 sia aumentata quasi del 100% e che ad ogni dieci residenti in Italia c’è un connazionale all’estero, mentre nel contempo la popolazione italiana è diminuita di 625 mila residenti, dato che risente anche dalla denatalitàDunque, l’unica Italia che cresce è quella che vive fuori dai nostri confini. Metà degli espatriati nel 2022 (i dati divergono tra le diverse fonti, ma quelli ISTAT disaggregati e resi ufficiali non prima di alcuni anni sono i più attendibili) ha 25-34 anni ed è in possesso di laurea; nel 2012 i laureati erano solo il 30%. Nel 2023 sono andati all’estero 89.462 italiani, circa 6 mila più dell’anno precedente, consolidando la ripresa post pandemica (precedentemente emigravano 130 mila l’anno) e la destinanzione prevalente è di gran misura l’Europa. Attualmente emigrano in maniera pressoché paritaria giovani di entrambi i sessi e non mancano anche adulti a seguito dei propri figli o pensionati che vanno a vivere dove la loro pensione permette di vivere meglio.  Purtroppo, l’emigrazione italiana – che di per sé rappresenta comunque un ascensore sociale, forse l’unico per i giovani – è unidirezionale, cioè non presenta una circolarità tale da far rientrare un numero apprezzabile di nostri espatriati o di far arrivare da noi altri lavoratori stranieri qualificati. Il numero complessivo dei cittadini con passaporto italiano residenti all’estero è di 6 milioni 134 mila unità; il 45,8% appartiene al Meridione (2,8 milioni), mentre quelli del Settentrione sono 2,3 milioni (circa il 38%); invece del Centro Italia sono 966 mila (15,7%). Vivono prevalentemente in Argentina (952 mila); Germania (832 mila); Svizzera (639 mila); Brasile (612 mila); Regno Unito (475 mila); Francia (470 mila); Stati Uniti (321 mila); Belgio (281 mila); Spagna 256 mila) Australia (160 mila); Canada (144 mila); Uruguay e Venezuela (113 mila ciascuno. Seguono altri Paesi con meno di 100 mila emigranti, mentre le percentuali aggregate evidenziano il 54,2% dell’Europa, il 40,6% delle Americhe, il 2,7% dell’Oceania, Asia con l’1,3 e Africa 1,1%. Un ulteriore forma di emigrazione è quella interna, che vede migliaia di giovani trasferirsi per motivi di lavoro dal Sud Italia verso il Nord e dalla montagna alla pianura (532 mila in 10 anni -contro 164 mila di percorso inverso- con un saldo negativo di 368 mila giovani) rendendo disabitati molti borghi già parzialmente spopolati, impoverendoli così dei servizi essenziali. I rimpatri dall’estero sommano a circa 50 mila l’anno, con punte fino a 70 mila prima del Covid); il saldo migratorio annuo per l’Italia è in ogni caso negativo.

In appendice del volume si trovano numerose tabelle contenenti dati statistici in forma analitica, suddivisi per ciascuna regione italiana, sia per i dati esteri che per quelli riguardanti la terra di partenza, oltre a una apprezzabile sintesi tematica, pure essa con statistiche riassuntive ed essenziali.

Luigi Papais, vice presidente UNAIE